Con Sant’Agostino nel cuore e con il desiderio profondo di un ritorno all’interiorità e alla centralità di Cristo: è in questo spirito che Papa Leone XIV ha aperto il suo Pontificato. “Un figlio di Agostino”: così si è definito appena eletto, lasciando intendere sin da subito la direzione spirituale e pastorale che intende intraprendere. Una scelta di identità profonda, che affonda le radici nel carisma agostiniano, nella sete di verità e nella ricerca della pace, nel segno di un dialogo senza artifici, come lui stesso ha auspicato affacciandosi dalla Loggia delle Benedizioni.
Fra Cristian Melcangi (Foto Galota/Sir)
Nella Basilica di Sant’Agostino, a pochi passi da Piazza Navona, fra Cristian Melcangi, sacrista della chiesa, non nasconde la sua emozione: “Al nome ‘Prevost’ ho provato un’emozione indescrivibile. È stata una sorpresa unica. Si vociferava qualcosa, ma mai avrei pensato che potesse diventare realtà”. La voce si fa subito più raccolta e commossa: “Un accumulo di emozioni, gioia mescolata al pensiero verso l’uomo, che riceve una responsabilità grande. Ho pensato anche alle sue sensazioni, alla sua commozione”.
Chicago, Lima, Roma. Da Chicago a Roma, passando per il Perù come missionario, la figura di Leone XIV appare a fra Melcangi come quella di un uomo dalla “profonda concretezza e determinazione, ma anche di sorprendente semplicità. Tiene molto a un certo stile, un certo ordine. È un uomo di grande esperienza: è stato Superiore generale dell’Ordine, ha girato il mondo, conosce bene le dinamiche della Chiesa. E il suo saluto, il richiamo alla pace, mi ha colpito profondamente. È la costruzione di ponti sulla scia di Francesco”. A colpire Melcangi è stato anche il richiamo al nome Leone, che porta con sé una grande tradizione: “Il primo pensiero è andato a Leone XIII, un Papa che ha voluto molto bene agli agostiniani, ha consacrato Santa Rita da Cascia, ed è stato vicino alla dottrina sociale della Chiesa. Il fatto che il nuovo Papa venga dall’America, una terra così segnata da questioni sociali e del lavoro, è un segno forte, un dono della Provvidenza per questo tempo”.
Centralità di Cristo. Fra Cristian intravede nella scelta di Prevost anche un invito potente alla riscoperta dell’interiorità, “alla centralità di Cristo, che è il messaggio emerso dalla Congregazione e che oggi va attuato più che mai”. Di lui sottolinea il carattere discreto, timido nella sua semplicità, con un tratto che lo avvicina a Benedetto XVI: “Non ama le pomposità, è molto alla mano”. Il rapporto con i giovani è un altro tratto distintivo. “Nel 2011 era già Superiore generale e prima della Gmg di Madrid incontrò i giovani agostiniani: in quell’occasione fu scherzoso, estroverso, attento alle esigenze di ciascuno. Le nuove generazioni, credo, beneficeranno molto del suo modo di essere”. Un Papa preparato, anche dal punto di vista dottrinale.
(Foto Vatican Media/SIR)
“È dottore in diritto canonico, ha studiato all’Angelicum. Conosce profondamente le norme della Chiesa – prosegue il sacrista – e questo sarà decisivo per dare continuità alle riforme avviate da Papa Francesco. C’è la speranza che, grazie a lui, il diritto canonico si apra e si avvicini al linguaggio del mondo di oggi”. Infine, lo sguardo si apre sul piano globale, come suggerisce il primo augurio pronunciato dal nuovo Pontefice: la pace. “Credo che il suo approccio internazionale sarà determinato – conclude il sacrista – e il suo invito sincero, senza mediazioni. Parlare francamente è un ottimo inizio, anche oltreoceano. Spero che tutte le coscienze si sentano scosse dall’invito dirompente del Santo Padre dell’8 maggio”.
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